Essere radicati e avere i piedi per terra
La Bioenergetica insegna a stare sulle proprie gambe
di Alessandra Callegari
“Noi esseri umani siamo come gli alberi” diceva Alexander Lowen, padre della bioenergetica, “radicati al suolo con un’estremità, protesi verso il cielo con l’altra, e tanto più possiamo protenderci quanto più forti sono le nostre ra¬dici terrene. Se sradichiamo un albero, le foglie muoiono; se sradichiamo una persona, la sua spiritualità diventa un’astrazione senza vita”. E infatti Lowen nel suo studio aveva un poster che raffigurava una albero e un uomo a confronto.
Il paragone fatto da Lowen (nella foto con il suo cane, famosa immagina scattata dall’amico George Duhamel) è molto più che un’immagine poetica: il radicamento o grounding – che letteralmente significa avere i piedi ben piantati per terra – per lui voleva dire essere radicati nella propria verità, accettando se stessi e i propri vissuti. Una persona, acquistando grounding, diventa più consapevole, più capace di esprimersi e più padrona di sé: avendo una sua “posizione”, sa dove è e chi è. Il grounding rappresenta il contatto della persona con le realtà di base della propria esistenza, che in tal modo, dice Lowen nel suo libro La spiritualità del corpo (Astrolabio, Roma 1991) è “radicata nella terra, identificata con il proprio corpo, consapevole della propria sessualità, tesa verso il piacere. Qualità che mancano invece nella persona che vive tra le nuvole o tutta nella testa, anziché nei piedi”.
Il grounding, spiega Lowen (nella foto, mentre esegue un esercizio a 92 anni), è dato dalla sensazione del contatto tra i piedi e il terreno e implica una corrente di eccitazione che scorre nel corpo, attraverso le gambe, fino ai piedi e al terreno. È la chiave del lavoro bioenergetico: se una persona è ben radicata il suo corpo è naturalmente bilanciato, diritto, saldo; l’energia scorre liberamente e anche gli occhi sono più chiari e brillanti e la vista è migliore.
A quel punto la persona è collegata a terra, non più “nelle nuvole” o “per aria”. Lowen sottolinea infatti come l’uomo, nel perseguire mete intellettuali e nello sviluppo di abilità manuali o verbali, si è fatto assorbire dalle parti superiori del corpo. “Questo, oltre a false teorie sull’aspetto o la salute, ha trasferito il suo senso di potenza dalla base alla sommità della sua struttura. Usando così la parte superiore del corpo per fini di potere, ha stravolto le funzioni naturali dell’animale e ha in gran parte perso sia le acute facoltà sensoriali dell’animale sia il controllo del potere accentrato nei muscoli lombari e pelvici”. Lowen cita Mabel Elsworth Todd (1880-1956), autrice di The Thinking Body (Paul B. Hober, New York 1937) e creatrice dell’ideokinesi, un lavoro corporeo per bilanciare il sistema scheletrico e migliorare l’equilibrio del sistema muscolare, focalizzato e costruito sul potere dell’immaginazione.
Il grounding aiuta una persona a identificarsi più pienamente con la propria natura animale: la metà inferiore del corpo è infatti molto più simile a quella di un animale nelle sue funzioni di locomozione, defecazione e sessualità, rispetto alla metà superiore, che ha a che fare con la manipolazione dell’ambiente, il pensiero, il linguaggio (mentre la centrale è legata alle funzioni vitali di respirazione, circolazione, digestione). Le funzioni della parte inferiore sono più istintive e meno soggette al controllo cosciente, ma “è nella nostra natura animale” nota Lowen nel suo libro scritto con la moglie Leslie (insieme a lui nella foto sotto), Espansione e integrazione del corpo in Bioenergetica, Manuale di esercizi pratici (Astrolabio, Roma 1979), “che risiedono le qualità di ritmo e grazia. Ogni movimento che fluisce liberamente dalla parte inferiore del corpo ha queste qualità, mentre quando ci spingiamo in alto perdiamo molto del nostro ritmo e della nostra grazia naturale”.
Lavorare sul grounding permette di invertire questo spostamento verso l’alto e implica che una persona si lasci “scendere” abbassando il proprio centro di gravità e sentendosi più vicina alla terra. Il risultato più immediato è quello di aumentare il senso di stabilità e sicurezza, dato che sente la terra sotto di sé e i piedi che vi poggiano sopra. Quando invece una persona diventa molto carica o eccitata, tende ad alzarsi, a “decollare” e a “volare”. In questa condizione, nonostante il senso di eccitazione o esaltazione, ci può essere un elemento di ansia o di paura per un pericolo, quello di cadere (cosa che per molte persone avviene quando sono lontane da terra, per esempio su un aereo, o molto in alto, nelle vicinanze di una discesa o di un dirupo), che si risolve quando torna in salvo sulla terra, fisicamente e/o emotivamente.
Quando il centro di gravità del corpo scende, è come se il corpo si “sedesse” nella pelvi, attraverso la quale si ha il contatto con gli organi sessuali, le gambe e i piedi che fungono da supporti energetici. E si percepisce il proprio sé incentrato nel ventre, che è letteralmente la sede della vita, dato che è nel ventre che veniamo concepiti e da lì nasciamo scendendo verso il basso. La mancanza di contatto con questo centro vitale è fonte di squilibrio e genera ansia e insicurezza.
Non è un caso, sottolinea Lowen, che l’importanza di avere il proprio centro nel basso ventre sia riconosciuta dalla maggior parte degli orientali, mentre gli occidentali sono centrati nella parte superiore del corpo, soprattutto nella testa, percepita come centro focale dell’io, della coscienza e del comportamento deliberato: “il centro inferiore o pelvico, dove risiede hara, è invece il centro dell’inconscio o della vita istintiva” osserva Lowen. “È il centro animale dell’uomo (…). Quando ci rendiamo conto che non più del 10% dei nostri movimenti è diretto consciamente, e che il 90% è inconscio, appare evidente l’importanza di questo centro. (…) I giapponesi chiamano il ventre hara, parola che indica anche la qualità specifica di una persona centrata in tale zona, circa cinque centimetri sotto l’ombelico. Una persona centrata in quel punto possiede hara, ovvero è equilibrata sia dal punto di vista fisico che psicologico; è calma e disinvolta, i suoi movimenti sono esenti da sforzo e insieme compiuti con destrezza.
Dice Karlfried Graf Dürckheim (1896-1988, nella foto): ‘Quando un uomo possiede hara, ha la forza e la precisione necessarie per compiere azioni che altrimenti non gli sarebbero mai possibili, nemmeno con la tecnica più perfezionata, l’attenzione più intensa o la forza di volontà più determinata. Solo ciò che è fatto con hara riesce pienamente’ (Lowen inserisce questa citazione tratta dal libro di Durckheim Hara, Il centro vitale dell’uomo seondo lo zen, edizioni Mediterranee 1992). Le discipline zen del tiro con l’arco, l’arte ikebana di disporre i fiori, la cerimonia del tè hanno l’obiettivo di conseguire hara”.