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La “mia” bambina

Integrare il bambino interiore

Lavorare sulle proprie aspettative

per liberare il presente dal passato

di Alessandra Callegari

Osservo delle foto di me bambina: neonata, bimba di pochi mesi, di un anno, di due o tre, di quattro o cinque. Foto in bianco e nero, ordinate in un vecchio album in pelle, cui decido di dare nuova vita digitale. Me bambina.

Che effetto mi fa, che cosa sento? mi chiedo, proprio come mi capita di chiedere ai miei clienti durante gli incontri di counseling. Osservo in particolare una foto di me piena di riccioli, sorridente, con una vestaglia a scacchi che ricordo bene. Sono proprio io. Lo sguardo, mi dico, è quello. Il sorriso anche, sia pure con i denti da latte.

Che cosa pAlebimbarovo di primo acchito? Tenerezza. Quell’espressione sul viso paffutello mi è familiare, è un misto di divertimento e di sfida che conosco bene. Quella bambina sono io, versione mini. Inconfondibile.

Confesso che, più la guardo, più quella foto mi è simpatica. Mi catapulta indietro di quasi sessant’anni (quanti ne avrò avuti? Tre? Quattro? Cinque?). Ero a casa: abitavamo al settimo piano, c’erano dei balconcini sui quali mia madre coltivava gerani ai quali mi piaceva, all’occorrenza, togliere le foglie secche. Forse era un mattino di tarda primavera. Fino alle elementari sono stata in casa, non mi hanno mandato all’asilo. Forse perché c’era sempre qualcuno con me: figlia unica, ho avuto a mia disposizione una nonna materna che ho letteralmente adorato e che mi ha insegnato, proprio intorno ai quattro anni, a leggere, scrivere e contare.

Ale_guinzaglioQuel sorriso e quello sguardo dice di me, dice della formazione del mio carattere, delle prime basi della struttura di personalità che ho poi consolidato e, purtroppo, irrigidito. Allora era in nuce, ma l’energia vitale che mi sono poi portata dietro negli anni già si leggeva bene nei miei occhi e nelle mie fossette. Ero una bambina vivace, mi piaceva correre (in un’altra foto, scattata intorno ai due anni, sono a passeggio con mia madre che mi tiene… al guinzaglio!), giocare con il mio amico del cuore Enrico detto Ricky, di un anno maggiore di me, a guardie e ladri e a prendersi quando ci portavano ai giardini pubblici. Con le bambole invece non avevo grande dimestichezza, non mi piacevano perché erano… statiche!

Dopo i sei anni, sedata in parte, andando a scuola, l’irrequietezza infantile (costretta com’ero nei banchi d’antan con la sedia e il tavolino collegati che impedivano i movimenti), ho imparato a coltivare giochi più “tranquilli” come le costruzioni con i Lego o i puzzle, e soprattutto ho imparato a leggere, o meglio a divorare libri. Ho letto per esempio d’un fiato, uno dopo l’altro, i volumi dell’Enciclopedia Conoscere, edita da Fabbri: pagina dopo pagina, voce dopo voce, passando da “Dinosauri” a “Giulio Cesare” a “Gli atomi”, e benedico ancora oggi quella miniera di informazioni variegate che ha creato la base del mio universo di conoscenze.

Ale_vestagliaPerché dico tutto questo? Perché nel mio lavoro incontro spesso persone che non hanno ricordi di sé da bambini. Quando si trovano a dover riportare alla memoria qualcosa della propria infanzia si arenano confusi. Il vuoto, la nebbia. Spesso fino ai sei, sette, otto anni, a volte di più. E in genere a questa assenza di immagini si accompagna una mancanza totale di contatto con il proprio bambino o la propria bambina interiore.

Sì, perché il bimbo che siamo stati è in realtà ancora lì, dentro di noi. Nascosto. E muto, almeno in apparenza. In realtà abilissimo a intromettersi, insinuandosi negli interstizi della personalità, incuneandosi nei rapporti affettivi e professionali, infilandosi in tutti i meandri della vita quotidiana. Il nostro bambino interiore ha una voce potente e un’energia straordinaria.

Ale_salopetteE come mai lo ignoriamo più o meno tutti… almeno fino a quando qualcuno ci accompagna a lavorare su questo tema e a prenderlo finalmente in considerazione? Lo ignoriamo perché è scomodo.

Il nostro bambino (o la nostra bambina) interiore non è cresciuto. È ancora lì, agganciato ai propri bisogni insoddisfatti, al riconoscimento mancato, alle coccole non ricevute, all’affetto non percepito, alla valorizzazione attesa e mai pervenuta. È ancora lì a chiedere, immarcescibile, che mamma e papà gli diano ciò che ai tempi ha chiesto inutilmente e ancora si aspetta di ricevere. Illuso che, prima o poi, qualcosa cambi. Che mamma veda la sua piccola e le dica quanto è bella e brava, quanto è orgogliosa di lei. Che papà guardi il suo piccolo e lo elogi per come si è comportato, per quanto è intelligente, per quanta strada farà nella vita.

Alealetto_orsettoIl nostro bambino e la nostra bambina sono ancora pieni di aspettative. Credono ancora che i genitori siano perfetti, ancora non hanno capito che sono passati anni, o decenni, e che il riconoscimento, l’amore, il supporto, la fiducia, l’apprezzamento da parte loro non arriveranno mai più. Non si possono cambiare, i nostri genitori. Sono vecchi (o sono addirittura morti) e il passato è passato.

Ci ritroviamo con dentro questo esserino sconosciuto, pieno di paura, di tristezza o di rabbia. E non sappiamo riconoscerlo nemmeno noi. Quando cominciamo a percepirne la presenza, quando – lavorando sulle nostre nevrosi, sui nostri comportamenti ripetitivi e automatici, sui nostri atteggiamenti egoici – avvertiamo la presenza dentro di noi di una parte infantile ancora arrabbiata, spaventata, ferita, umiliata, manipolata… non sappiamo che cosa fare. Vorremmo nasconderla, metterla a tacere, impedirle di farsi sentire. È una parte scomoda, che rimette tutto in discussione, che crea problemi, che apre antiche cicatrici. E che ha pretese, pretese alle quali non è possibile dare risposta o soddisfazione.Ale_mare

Ma il bambino interiore non può essere eluso. E non va tacitato o ferito di nuovo. Ha bisogno di noi, di noi adulti, per uscire dalla trappola delle aspettative. E noi, noi adulti, abbiamo bisogno di lui, di riconoscerlo e accoglierlo e integrarlo, per uscire dalla trappola delle nostre aspettative. Perché da adulti ripetiamo esattamente quel copione. Ci aspettiamo riconoscimento, nutrimento, apprezzamento, valorizzazione, amore incondizionato dagli altri – partner in primis – esattamente come lui, il nostro bambino, ha invano desiderato e aspettato tutto questo da mamma e papà.

Solo noi, noi adulti, possiamo fare il miracolo. Solo noi possiamo tacitare quella voce, lenire quelle ferite, richiudere quelle cicatrici, eliminare quei “ganci”. Solo noi possiamo prendere il nostro bambino o la nostra bambina interiore per mano e, insieme, consolarci una volta per tutte per quel che è stato o non è stato, per ciò che abbiamo o non abbiamo avuto.

Alebimba2bigIn questo, certamente ci può aiutare un percorso di lavoro su noi stessi. Ci può aiutare qualcuno che ci prende per mano e ci accompagna a essere, da adulti, i genitori di noi stessi. Piano piano, nel rispetto dei nostri tempi. Integrando a poco a poco quelle immagini interne, quelle voci, quei ricordi, quelle lacrime… E la vergogna, l’ansia, il senso di colpa, i silenzi e le urla, le violenze e le umiliazioni.

Il nostro bambino interiore ha bisogno di acquietarsi, di non aspettarsi più nulla dal passato. Ha bisogno di essere integrato nel presente. Perché solo così noi adulti potremo cambiare in meglio nel futuro che comincia oggi.