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Ieri, 8 febbraio…

Nasceva mia nonna materna

Racconto di una relazione fluida e amorevole

Di Alessandra Callegari
Ieri, 8 febbraio, nasceva, nel 1892, mia nonna materna.
E parlando di lei sento di completare il racconto della mia “triade genitoriale”.
Perché mia nonna è stata un vero genitore, per me. Più di mia madre e di mio padre. E a lei ho voluto più bene che a loro.
Nata a Rennes, in Bretagna, figlia unica di un ricco commerciante di alcolici e di una nobildonna austriaca, Marguerite era una fanciulla, come suol dirsi, di carattere.

E infatti è diventata il mio mito quando ho saputo che a vent’anni aveva deciso di andarsene di casa e di stabilirsi a Parigi, con una sua amica, trovando lavoro come segretaria. Un bel tipino, per quell’epoca!

Ma non basta. Passata la guerra, nel 1919 conosce un giovane napoletano di buona famiglia, di due anni più giovane di lei, venuto a Parigi dall’Italia per aprirsi a nuovi orizzonti, che lavorava in banca. Si innamorano, lei affascinata dal piglio di lui, dalla sua allegria e solarità, dal suo humour e dalla sua intelligenza, lui intrigato da una brettone così decisa, sicura di sé, moderna e coraggiosa.
Vanno a vivere insieme e fanno addirittura una figlia, che chiamano Marie Henriette, dal nome dei genitori di lei. Si sposeranno – l’ho appreso da un vecchio amico di famiglia, nessuno me lo aveva mai rivelato – quando avrà già 5 o 6 anni.
Quella bambina era mia madre.
Mia nonna è stata molto, molto importante per me. Tra mia madre fin troppo presente e richiedente e mio padre grande assente, Mamy (così la chiamavamo tutti) è stata la mia salvezza. Di carattere forte, si portava dietro il ricordo e la nostalgia del suo adorato marito italiano, di cui era rimasta vedova nel 1952.
E mi piace immaginarli insieme, lui che la faceva ridere e le preparava gli spaghetti ca pummarola ‘n coppa, lei più aristocratica, più rigida, ma di grande ironia (per chi conosce l’enneagramma, lei era un 1 sociale e lui, nonno Sandro, immagino fosse un 7 sessuale. Che coppia!). La foto in alto, che li vede sorridenti insieme, credo sia stata scattata nel 1950.
Mamy per me stravedeva. E io per lei.
Ha sostituito l’asilo in cui non mi hanno mai mandato, mi ha insegnato a leggere e a scrivere (in francese innanzitutto), e mi parlava sempre nella sua lingua che infatti per me è rimasta la mia lingua madre insieme all’italiano. Al punto che quando sento parlare qualcuno vicino a me in quell’idioma provo una sorta di richiamo che mi sale da non so quale profondità… un richiamo antico e intimo.
Purtroppo, il legame che univa Mamy e me era fonte di gelosia e amarezza per mia madre, che oltretutto, verosimilmente, non aveva trovato in lei una mamma affettuosa e calda, anzi. Mentre con me era una nonna perfetta, presente senza essere invasiva.
Ricordo le vacanze trascorse insieme, quando a settembre (allora le scuole cominciavano il primo ottobre) passavamo dei lunghi periodi noi due da sole a Bellagio, sul lago di Como, oppure a Nervi, in Liguria. E le giornate erano piene di passeggiate, di scoperte, di condivisioni, di letture (in francese anche quelle), di parole incrociate, di partite a carte, di disegni e fotografie. Tutto… insieme.
Oppure in “casetta”, la casa in Brianza in cui tutta la famiglia si trasferiva alla fine della scuola, in giugno, per tornare stabilmente a Milano solo a fine settembre, e dove stavo molto da sola, ma comunque sempre con lei.
Mamy era moderna, anticonformista pur nel grande rigore caratteriale. E infatti con lei condividevo i miei sogni, i miei progetti, le mie visioni, la mia filosofia.
Quando mia madre ha deciso di separarsi da mio padre, nel 1974, e poi ha voluto cambiare casa per vivere con il suo nuovo compagno e la madre di lui, io ho fatto la scelta di andare a vivere con mio padre. Mia nonna è rimasta, seppure a malincuore, con sua figlia, sentendo che aveva più bisogno.
Ed è stata dura. Io, per un anno, non ho più voluto incontrare mia madre; mia nonna veniva da noi ogni tanto a pranzo ed era sempre uno struggimento, combattuta fra sua figlia e sua nipote…
Mamy è morta il 30 dicembre 1976, pochi giorni dopo il Natale in cui avevo deciso di rivedere mia madre ed ero andata a casa loro a festeggiarlo. È morta perché ci aveva visto fare pace, e tanto le bastava. E ricordarla mi commuove ancora.