PNEI e counseling
Una stessa visione olistica
Gli esami non finiscono mai, ci ricordava Eduardo De Filippo. E anche lo studio non finisce mai, quanto meno per un professionista che voglia essere al passo con i tempi e capire i contesti in cui opera.
Mi sono dunque messa a studiare il manuale PsicoNeuroEndocrinoImmunologia e scienza della cura integrata, di Francesco e Anna Giulia Bottaccioli (Edra Edizioni., Milano 2017), che gli autori dedicano “ai giovani che si avviano alle professioni di cura, con l’augurio che la sua lettura contribuisca a sviluppare spirito critico e l’indipendenza di giudizio, per far avanzare la conoscenza e la cura dell’essere umano nella sua interezza.”
Giovane non sono più, ma per il resto ho sentito che il manuale era dedicato anche a me. A me che, da counselor professionista, mi dedico a “prendermi cura” delle persone che vengono nel mio studio a chiedere un aiuto, e che da direttrice di una scuola di counseling insegno a farlo.
Che cosa c’entra la PNEI con il counseling? C’entra, eccome!, perché la visione olistica dell’essere umano è la stessa.
La PNEI, acronimo appunto di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia, è un paradigma scientifico con un elevato potere di integrazione di conoscenze e di teorie, provenienti sia dal campo biologico sia da quello psicologico e filosofico, il cui assunto è che l’organismo umano funziona come un network di sistemi strutturati e interconnessi, che influenzano e sono influenzati dalla dimensione psichica.
Un paradigma scientifico di cui Francesco Bottaccioli è il massimo rappresentante in Italia (se ne occupa da oltre 25 anni: suo il testo Psiconeuroimmunologia del 1995, fra i pochi pubblicati anche su scala internazionale) e che in questo manuale viene presentato sia dal punto di vista epistemologico, sia da quello fisiologico, mostrando le evidenze scientifiche sul ruolo che svolgono l’ambiente fisico e sociale, l’attività fisica, l’alimentazione, la meditazione, le relazioni d’aiuto, le terapie complementari. Il modello PNEI presenta, in dialogo critico con i modelli dominanti, una nuova lettura dell’essere umano, della salute, del benessere e della cura integrata.
L’organismo – l’essere umano – è una rete strutturata e interconnessa, in reciproca relazione con l’ambiente fisico e sociale. E come tale va visto anche dai professionisti della relazione d’aiuto, quali siamo noi counselor, che non possono più limitarsi a considerare il proprio ruolo come quello di un facilitatore evoluto o di una spalla empatica su cui appoggiarsi, ma devono aver chiaro che il proprio intervento, quale che sia l’approccio teoretico di base, è un atto di grande valore sociale e politico.
Ecco dunque che il benessere è il frutto di una interazione e integrazione di sistemi: come spiega Bottaccioli, “i livelli di integrazione tra sistemi biologici includono la regolazione psichica, che infatti non è confinata nel reparto speciale della ‘vita di relazione’ (…) L’esposizione a stress emozionali o a condizioni di vista di solitudine incrementa l’attività infiammatoria del sistema immunitario. Per converso, l’infiammazione, che dal sistema immunitario raggiunge il cervello o che è prodotta dalle cellule immunitarie che fanno parte integrante del tessuto cerebrale, aumenta la sensibilità del cervello alle diverse esperienze della ‘vita di relazione’”.
Il counseling dunque, come in generale le relazioni d’aiuto e la meditazione, può essere parte integrante del benessere: aiutare le persone a modulare lo stress, a sentirsi meno sole, ad attivare risorse, a vedere più possibilità, a darsi motivazioni, a gestire emozioni, a migliorare le dinamiche relazionali significa contribuire a modulare i processi che sono alla base dell’equilibrio di ogni individuo.