Counseling con un felino
Il valore di una presenza che aiuta a “essere presenti”
di Alessandra Callegari
Pigna ha molta esperienza di vita e un intuito fine. Un’empatia e un’accettazione dell’altro, chissà, forse così sviluppata grazie ad anni di presenza in studio…
Rogersianamente, ha anche molta congruenza, unita a una dose di trasparenza che gli permette di mettersi in gioco e manifestare, con garbo, il proprio sentire. Non forza sé e nemmeno l’altro, e mantiene il contatto con la propria verità. Quando percepisce che l’altro ha bisogno si avvicina e lo fa per gradi, al momento e nei modi giusti, dando spazio, prendendo tempo, lasciando sempre l’interlocutore libero di prendere a sua volta l’iniziativa o di segnalare il proprio bisogno, di vicinanza o meno. E se a sua volta sente bisogno di dare contatto, ci prova, si misura, senza direttività, ma anzi con molta apertura ai minimi gesti dell’altro.
Pigna è un gatto soriano di dodici anni, abituato a stare in relazione perché vive nello Studio Patchwork e partecipa agli incontri di counseling che vi si svolgono, con Alessandra Di Minno o con me. Anche lui incontra il cliente, e il cliente incontra lui. E avvengono cose buone.
Pigna aggiunge valore alla relazione che già si svolge tra counselor e cliente. Accoglie la persona al primo incontro con circospezione e cautela: ancora non sa di che cosa avrà bisogno il cliente e quale sarà la sua richiesta (a volte, in realtà, nemmeno il cliente lo sa…) e quindi si limita a farlo accomodare perché si metta a proprio agio, senza forzare nulla. Si siede sul tavolino a lato delle due poltrone, si dispone all’ascolto, accoglie quel che arriva.
Solo quando il cliente comincia a lasciarsi andare e a raccontare di sé un po’ di più, adottando anche una postura più aperta, Pigna si allunga sul tavolo e si avvicina cautamente con le zampe nella sua direzione. Osserva, studia, annusa, i sensi all’erta a cogliere ogni segnale. Poi, quando sente che il contatto fra counselor e cliente si è instaurato, quando avverte un cambio energetico e un primo rafforzamento del legame – cogliendo cambiamenti di posizione, atteggiamenti delle mani e dei piedi, sguardi, toni di voce, temperature – si permette un primo avvicinamento un po’ più diretto… ma non direttivo.
Scende dal tavolino e con passo felpato si avvicina alle gambe del cliente, dà un piccolo contatto con il muso, si struscia con la spalla e la schiena, cogliendo al volo se questo tocco delicato è bene accetto. Se lo è, aumenta l’intensità del contatto, alza la testa e si assicura che vada tutto bene. E se coglie una conferma, allora – e solo allora – alza una zampa per appoggiarla piano sulla gamba del cliente e da qui si dà un piccolo slancio per approdargli in grembo. Quando lo fa, è sempre perché ne ha avuto – sia pure tacito – il permesso, oppure è stato esplicitamente invitato a salire.
Ed eccolo in azione. Si accomoda nel grembo accogliente e avvia un massaggio tutto particolare: con piccoli dolci movimenti delle zampe anteriori fa per una decina di secondi la “pasta”, trova il punto giusto in cui distendersi, poi si ferma. Come a permettere al cliente di assaporare lentamente questo contatto, così denso di significati. E dargli anche il tempo di decidere se aggiungere, con una mano o con entrambe, contatto a contatto.
Pigna sa bene che il tocco reciproco non è scontato; non ha aspettative, non proietta sull’altro il proprio bisogno. Non confluisce né mette in campo egotismi. Conosce i propri confini, li rispetta tanto quanto rispetta quelli dell’altro. Non deflette né retroflette. Non ha sovrastrutture nevrotiche che gli impediscano di chiudere la sua Gestalt.
E infatti comincia a emettere un rumore basso, rotondo, pieno, di puro godimento. Le fusa di un gatto soriano dodicenne che ha capito tutto della vita, che se la gode, che si mette in gioco nella sua pienezza e totalità. E l’altro, il cliente che se lo ritrova in grembo, lo sente. Pigna, gatto biogestaltico, nella sua saggezza naturale investe energie sane nella relazione: esprime il proprio bisogno, pronto allo scambio, a un dare e ricevere su un piano di parità. E l’altro, l’umano, si nutre di quel contatto, lo assapora lentamente al ritmo di una carezza che parte spontanea, quasi ovvia, naturale. È uno scambio rilassante, che invita a lasciarsi andare e a lasciare andare…
Pigna diventa così il testimone silenzioso dell’incontro tra counselor e cliente, ma anche protagonista di una relazione più ampia, basata sullo stare con l’altro, con il sentire proprio e altrui, accettando quel che c’è e stando con quel che c’è. Quando decide di non voler più stare in grembo, infatti, Pigna se ne va. Gira per la stanza, trova altri spazi in cui accomodarsi, o semplicemente esce dalla stanza e usando l’apposita gattaiola inserita nella finestra del suo sgabuzzino, va a fare un giro in giardino. E torna quando vuole, fiero della propria libertà.
Fare counseling con un gatto è un’esperienza importante. Per il cliente, che ha modo di mettersi in gioco e di fare esperienza di quanto un animale domestico offra spunti per accrescere la conoscenza di sé; per il counselor, che ha l’occasione di osservare il cliente e le sue reazioni in un contesto fuori dagli schemi. Incontro dopo incontro, Pigna permette di approfondire il contatto con parti di sé a volte inesplorate, allargando i confini della propria autoconsapevolezza. Favorisce un modo di essere più empatico, più aperto, più amorevole.
È il “modo di essere” di cui parlava Rogers e che Gestalt e Bioenergetica – in un approccio più ampio che ne valorizza i punti comuni e li mette al servizio della relazione d’aiuto – ci insegnano. Un approccio centrato sulla relazione, efficace strumento per dare alla persona il sostegno e l’accompagnamento di cui ha bisogno nel qui e ora.