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Nell’interesse dei bambini

Una riflessione sulla morte

Come raccontare ai nostri figli in verità

di Alessandra Di Minno

Una volta ancora i nostri bambini incrociano la morte.
Attraversa loro la strada (della vita) senza avvisare, dalla mattina al pomeriggio, dall’essere accolti come al solito dal sorriso della commessa della scuola, un sorriso bello e caldo che li accompagna ogni giorno a entrare e uscire, fino a non rivederla più.
– Ma come, la signora Cinzia non era vecchia…
Già, i conti non tornano a Pietro, cui avevamo spiegato, nelle recenti altre esperienze (la nonna, il nonno, i cani), che si diventa vecchi e poi si muore, per lasciare il posto, per lasciare il proprio spazio ai piccoli che nascono.
Ed è vero, a volte si muore giovani.
Ma com’è difficile dirlo, perché intanto i suoi pensieri piccoli stanno già andando alla possibilità nemmeno pensabile che anche alla mamma possa accadere.

cimitero

Così rifletto su come possiamo accompagnare i bambini. E quello che vedo intorno non mi piace. Alla scuola materna ho fermato l’impeto che mi stava portando a dire male quello che provo a scrivere con più calma qui.
“Nell’interesse dei bambini”. Eccola la frase pronta, che salta fuori ogni volta che si entra in territori minati. Ma minati per noi grandi…
In questo caso l’interesse dei bambini sembrerebbe quello di preservarli, di proteggerli dal problema della morte. La teoria pedagogica che mi propinano con fare sapiente è che se i bambini chiedono si risponde, altrimenti si tace.
Se non chiedono vuol dire che non sono pronti a parlarne. Quindi vanno protetti. Col silenzio.
L’interesse dei bambini.

Ebbene, non è loro interesse essere accompagnati ad avvicinare questa altra faccia della vita perché siano più pronti ogni volta a viverla senza esserne sopraffatti? Non è loro interesse capire cosa accade loro intorno, in un modo a loro comprensibile, una sorta di traduzione dei fatti della vita nel loro linguaggio piccolo, seppure tutt’altro che banale? Non è nel loro rispetto evitare che si sentano trattati da incompetenti e riconoscerli invece già bene competenti a cogliere segnali che se non possono capire diventano solo fonti di angoscia e impotenza? Non siamo chiamati a insegnare che quando qualcuno va lo si saluta, lo si ringrazia, gli si restituisce quanto ha saputo darci? Non è nel loro interesse dare valore alla vita in tutti i suoi aspetti, tutti, non solo quelli che ci vanno o non ci scomodano troppo, poiché tutti quanti se li ritroveranno man mano che cresceranno? Non è un importante insegnamento che se una cosa fa piangere si piange, se un dolore fa male si può dire, se una gioia ci fa saltare si può saltare, e così per tutti, tutti i sentimenti che ci capitano?

Quale interesse facciamo coprendo certe cose di silenzio?
Non forse il nostro, sgomenti per una morte che chiama in causa la nostra, perché quella donna aveva meno di cinquant’anni?
Se lo diciamo così allora comprendo con maggiore benevolenza, perché cso che non è facile: quando i bambini piangono sul serio non è facile. Con i bambini tante cose non sono facili.
Ma i bambini hanno antenne, risorse, lacrime, e subito dopo sorrisi, adattabilità e resilienze che a volte davvero non sappiamo vedere né immaginare.